“Signor Angius Il pioniere delle autolinee locali”
(tratto da Terralba Ieri&Oggi)
Siamo lieti ed onorati di poter raccontare, in questo numero del Cav.Uff.Giuseppe Angius-Muru (ci teneva ad essere chiamato con quel titolo) me che per noi, per nostra comodità, chiameremo (con rinnovata stima e simpatia) “ Signor Angius”, cosi come era conosciuto e chiamato da tutti.
Nato a Guspini nella prima metà degli anni 80 (di fine 800) da una “famiglia non agiata”, dovette fin dall’infanzia ,come tutti a quei tempi, guadagnarsi da vivere lavorando sodo, e infatti lavorò inizialmente nelle miniere di Montevecchio “a fai su avagonadori”, cioè spingeva i vagoncini decauville carichi di materiale proveniente dalle escavazioni della miniera. Pur se ancora giovane manifestò buona volontà di operare e facilità di apprendimento e , notato dai dirigenti della miniera, gli vennero affidati via via incarichi sempre più impegnativi ed importanti.
Questo privilegio gli consenti di acquisire grande esperienza e notevoli capacità in campo meccanico, talché , tra il finire degli “anni dieci e l’inizio degli anni venti”, si guadagnò la promozione di responsabile delle officine meccaniche a servizio della miniera di “Funtana Raminosa” in quel di Gadoni prima , e presso la diga di “Santa Chiara” (lago Omodeo) in Ula Tirso poi; cioè quella diga importantissima ai fini irrigui di tutto l’Oristanese e del Terralbese fino ad Arborea compresa. Il “Signor Angius” poteva essere considerato in un certo senso il “braccio destro” dell’ingegner Giulio Dolcetta, cioè quello che fu il direttore dei lavori della diga di “Santa Chiara” e che fu anche il progettista e l’esecutore delle opere di sistemazione territoriale e idraulica per la realizzazione della Bonifica di Arborea.
Dopo la nascita del quinto figlio Felice, avvenuta a Ula Tirso (S.Chiara) all’inizio degli anni venti, decise di dar “libero sfogo” al suo ricco potenziale di fantasia e di spirito di avventura e, col bagaglio di esperienze di lavoro fin li acquisite, “si mise in proprio”, vale a dire che abbandonò dighe e miniere trasferendo “armi e bagagli” a Terralba.
Qui acquistò una fascia di terra che da Via Cavour, dove aveva l’abitazione, arrivava fin oltre l’attuale Via Rio Mogoro. Si tenga presente che né quest’ultima né la Via Sardegna all’epoca esistevano.
Si racconta che della Via Sardegna fu egli stesso a suggerirne il tracciato, rendendosi conto che tutta la zona ne avrebbe acquisito maggior valore. Si è indignato moltissimo quando scoprì che la strada non era stata intitolata a lui, o quantomeno che nessuno avesse citato o riconosciuto il suggerimento dato e il suo ruolo di promotore dell’iniziativa che ebbe in quella circostanza. Tale “sgarbo” lo indusse ad esprimere il suo dissenso scrivendo in alto sulla parete all’altezza dell’attuale ricevitoria del Lotto (che molti ancora oggi ricordano) : << da me G. A. M ideata e battezzata per Via dell’ Avvenire ma …?>>.
Tra le varie iniziative che via via assunse fin dall’inizio , vengono ricordate nell’ordine:
a) Una fabbrica di laterizi, soprattutto di tegole, che per cause, presumibilmente, di carattere commerciale e di costi di produzione, ebbe breve durata;
b) La gestione di un osteria , in via Cavour prima, e di un bar in Via Porcella dopo, la cui attività si protrasse per alcuni anni;
c) “l’attività cinematografica” nella fattispecie proiezione di film all’aperto nel cortile della sua abitazione in via Cavour prima e, successivamente, nella sala dell’attuale Teatro Comunale; quella sala che poi venne gestita dal Signor Fortunato Casu;
d) Avviò un officina meccanica di riparazione di biciclette e qualche anno dopo ampliò trasformandola nella piccola fabbrica di biciclette: “Cicli Dante” (bici da uomo) di cui se ne ebbe a far cenno anche in questo periodico, e “Cicli Dora” (bici da donna). I nomi derivavano rispettivamente dai figli:Dante al quale il “Signor Angius” aveva ceduto poi entrambe le attività, è Dora;
e) Intuendo la necessità di realizzare un servizio di trasporto pubblico per il collegamento tra il centro cittadino di Terralba e la stazione ferroviaria di Marrubiu, dette avvio da li a poco a questa nuova importante iniziativa. Siamo nella seconda metà degli anni trenta. Il primo mezzo impiegato fu una carrozza trainata da cavalli chiamata “su break” ( Break è una tipologia di carrozza scoperta). Si impegnò a costruire lui stesso altre carrozze, realizzando i telai in ferro sui quali poi montava e allestiva le carrozze in legno. Ma tali mezzi si dimostrarono subito inefficienti , e allora, per un uomo che fino a quel momento aveva “masticato fortemente meccanica”, non si può pensare che non facesse di tutto per acquistare un mezzo squisitamente meccanico, Ed ecco infatti che il primo pulmino a motore , quindi “auto carrozza”, fu il “La Sette”, cioè un mezzo a sette posti, coperto. Dopo qualche anno avvennero gli storici acquisti di due “Autocorriere”, la FIAT 634 e contemporaneamente la “FIAT 635 ( col loro bel “musone sul davanti”, cioè anteriore), entrambi i mezzi usati con già però una capacità di carico di una trentina di posti ognuno. Tutti questi mezzi iniziarono a viaggiare “avanti indre” tra Terralba e Marrubiu (e poi anche tra Terralba e Marceddì). Ecco cosi nascere il servizio de “su postali”cioè quell’autocorriera che trasportava anche la posta …!
Tra tutte le iniziative assunte questa è stata sicuramente la più geniale e la più fortunata, magari con qualche intermezzo meno fortunato come conseguenza degli inevitabili “alti-e-bassi” della vita ma che, grazie all’impronta lasciata in eredità dal “Signor Angius”, ha consentito a chi gli è succeduto una “ripresa alla grande” di questa iniziativa.
Nacque cosi la FATA (Felice Angius Trasporti Automobilistici), perché dopo un paio di anni ,il Signor Angius decise di cedere la gestione del servizio al figlio Felice.
Un amico ci raccontava che, frequentando la ragioneria ad Oristano, doveva prendere tutte le mattine la corriera, appunto, per andare alla stazione di Marrubiu. Nel periodo invernale, ci disse l’amico, il “Signor Angius”, faceva sostare prudenzialmente l’autocorriera davanti al municipio e questo per consentire di far partire il mezzo “a spinta” nel tratto di strada in leggera discesa per scendere all’incrocio di Viale Sardegna. Fortunatamente il motore partiva regolarmente e quindi, anche per quel giorno,non si avevano scuse per …. marinare la scuola. Ci siamo dimenticati di chiedere all’amico, se a chi spingeva il mezzo veniva poi praticato …. Lo sconto del biglietto …!
Ma , a parte le amenità, la storia è bella da raccontare perché sa molto di pionieristico , cosi come il “Signor Angius” può essere definito un autentico pioniere.
Persona quindi eclettica, d’altri tempi, con un carattere sicuramente forte; ma non solo il carattere era forte se si tiene conto che Giancarlo Sequi, che aveva del “Signor Angius” una grande stima e ammirazione , raccontava sempre che pur alla soglia degli ottant’anni si vantava di riuscire a vincere a “braccio di ferro” parecchi giovani. Chi cura la stesura di queste quattro righe (frutto di diverse testimonianze di amici e parenti) può dichiararsi onorato di aver conosciuto personalmente il “Signor Angius”, anche perché nella seconda metà degli anni sessanta lo vedeva transitare quasi quotidianamente davanti alla casa abitata, in quel periodo, in Via Cavour. Con aria apparentemente burbera, passeggiando con un bastone (su bacculu), che ci dissero portasse più per vezzo che per necessità, sapeva sempre essere persona gentile ed affidabile.
Un altro amico ci ha raccontato di un episodio avvenuto presumibilmente intorno alla metà degli anni cinquanta, episodio ch sarebbe rimasto sconosciuto a tutti se non l’avesse raccontato lui stesso a quell’amico (e forse ad altri pure).
Col sospetto che qualche inopportuno visitatore “alleggerisse” abitualmente di soppiatto il suo bel campo di favette, pensò di realizzare un “dissuasore” a quei prelievi abusivi. Dopo aver steso una “rete” di fili elettrici per tutto il campo,fili non facili da vedersi di notte soprattutto per chi non ne conosceva l’esistenza,si sedette in un angolo nascosto tenendo a portata di mano un interruttore collegato all’impianto elettrico di casa. Subito dopo l’imbrunire sentì dei fruscii, e prontamente , attaccò la corrente. Immediatamente dopo senti un grido, un lamento straziante e poi il silenzio. Interruppe la corrente e corse verso il luogo da dove era arrivato quel grido. Non credeva ai suoi occhi, in mezzo ai filari delle favette giaceva un corpo immobile. Lo chiamò ripetutamente lo scosse, tentò di rianimarlo sollevandogli e abbassandogli le braccia ripetutamente. Il “Signor Angius” era fuori di sé dalla disperazione. Andava avanti indietro percorrendo tutta la lunghezza del campo e continuando a chiedersi chi glielo avesse fatto fare a combinare uno sciocchezza madornale come quella, aveva compiuto un assassinio per una manciata di favette. Era troppo grosso questo evento,insopportabile, Ad un certo punto , arrivato per l’ennesima volta in fondo al campo, vide appoggiati al muro di cinta due attrezzi che gli dettero il “suggerimento diabolico”. Già , un picco ed un badile …!
Da soli, in un altro contesto, i due attrezzi sarebbe meglio lasciarli dove si trovano perché rappresentano il simbolo della fatico, ma in questo caso, invece, al disperatissimo “Signor Angius” i due attrezzi gli suggerirono l’unica soluzione possibile a questo misfatto. <<Si, e meglio far sparire tutto>> – disse tra se e se. Dopo aver messo in spalla i due attrezzi,disperato, rassegnato e confuso, si diresse verso il luogo incriminato e … sorpresa delle sorprese ,il “morto non c’era più, era scappato ..! insomma roba da infarti, uno appresso all’altro, e si tenga presente che il “morto” era un suo amico e suo vicino di casa …!
A noi e a qualche “uccellino di passaggio>” però, è venuto un “piccolo sospetto” dato che, dalla descrizione fattaci, il “Signor Angius” non ci è sembrato che sia mai stato, in nessun caso, un ingenuo o uno sprovveduto, per cui si ha ragione di credere che in quella circostanza si sia astutamente “prestato al gioco” di quel suo amico fintosi morto, semplicemente per “contraccambiare lo scherzo”; per spaventare il “morto” ..!
F. A. T. A. – Una “BELLA” Realtà Locale
Ecco .. ! Da raccontare nel prosieguo della storia del suo fondatore. Grazie “Signor Angius”.
Dicevamo che FATA , originariamente, rispondeva all’acronimo di “Felice Angius Trasporti Automobilistici”, oggi, subentrati gli eredi,sta ad indicare “Fratelli Angius Trasporti Automobilistici”.
Per chi non è di Terralbese la FATA e l’azienda autolinee e autonoleggi, nata come s’è detto da un idea del “Signor Angius”, che opera prevalentemente a servizio del Territorio Terralbese e si muove a livello provinciale , regionale, nazionale e pur anche oltre l’italico confine per spaziare l’Europa. Come si legge dal sito web, la FATA è stata la prima azienda di autonoleggio che in provincia di Oristano ha effettuato viaggi all’estero.
Attualmente l’azienda conta su un parco mezzi costituito da tredici pullman da 8 a 56 posti. Dall’inizio degli anni settanta effettua Servizio di linea per l’autotrasporto degli studenti tra i 5 comuni del Terralbese verso Oristano, ovvero trai 4 comuni limitrofi verso le scuole superiori di Terralba. Altresì effettua il Servizio di linea per collegare Terralba ( e la borgata di S.Anna, e i paesi di S. N. d’ Arcidano e Uras) alla stazione Ferroviaria di Marrubiu. Nei due mesi di luglio ed agosto viene quotidianamente collegata a Terralba anche la borgata marina di Marceddì.
Sempre a partire dall’inizio degli anni settanta la FATA ha avviato i servizi di autonoleggio con autista, vale a dire promuovendo o accogliendo la richiesta di escursioni turistiche in Sardegna e progressivamente in campo nazionale e, quindi, via via pure all’estero.
La”richiesta” di servizi in costante aumento, quindi ,sta a dimostrare un’impronta di serietà aziendale è sicuramente confortante per il Terralbese, come altrettanto confortante è constatare che , in un periodo ove la crisi economica crea notevoli problemi dappertutto e in tutti i settori, durante i mesi dell’attività scolastiche ( nove mesi all’anno), l’azienda può vantarsi di garantire puntualità a 15 buste paga al personale sia Terralbese o no.
Dicevamo degli “alti- e- bassi” della vita, riferendoci al fatto che il Signor Felice, purtroppo poco dopo l’immatura scomparsa della moglie, cessò pure lui il “suo cammino terreno”. Il “Signor Angius”, ormai ultraottantenne non era più in grado di riprendere le redini, e quindi i nipoti , in particolare quelli più grandi , con l’aiuto di qualche parente ( come Claudio Mannai e Mario Vacca) e di persone amiche, presero le redini dell’azienda, in un momento sicuramente molto delicato. Dopo qualche anno di difficoltà iniziali, riuscirono con grinta e determinazione ( buon sangue non mente) a dare al Terralbese questa “Bella Realtà”. Ci piace pensare che il “nonno” possa aver fornito loro, all’inizio di questa avventura qualche “dritta”, ma sicuramente “da lassù” li deve aver ispirati e continua ad ispirarli nell’interesse della Azienda e, soprattutto, nell’interesse del territorio Terralbese.
Oggi la FATA, per esigenze di spazi, ha abbandonato Via Rio Mogoro trasferendo uffici e autorimessa nella “Zona Industriale” del PIP in Narbonis, dove da Terralba, la nuova sede può essere facilmente raggiunta svoltando a destra subito dopo il sottopasso ferroviario.